L’alba intravista

L’ampliamento delle fonti è stato l’origine di un nuovo modo di fare storia

Dal 1962 ho condotto delle ricerche sul campo di canti sociali nel Novarese e Vercellese1. Le ricerche sono state condotte all’interno dell’attività del Nuovo Canzoniere Italiano con la finalità di apportare materiali ai preventivati quattro volumi di Canti sociali italiani, impresa collettiva coordinata da Roberto Leydi, che prevedeva la pubblicazione di oltre un migliaio di canti e che voleva essere il punto d’avvio di un’inchiesta programmata su un ampio arco di tempo e condotta da numerosi ricercatori in molte provincie italiane. Dei quattro volumi ne uscì soltanto uno2 ma quelle ricerche continuarono a lungo e sarebbero state la base della grande attività di riproposta e divulgazione tramite dischi e spettacoli di quegli anni e avrebbero posto su basi scientifiche lo studio della cultura del mondo popolare. Quelle ricerche furono l’occasione per entrare in contatto con numerosi militanti di partiti di sinistra della provincia di Novara che mi recavo a registrare nelle loro abitazioni, nei circoli operai, nelle osterie, nelle sezioni di partito, alle feste dell’ “Unità” o dell’ “Avanti!”, ossia nei luoghi da loro frequentati. Durante questi incontri, mi accorsi ben presto che questi militanti raccontavano volentieri la loro vita e che la storia del movimento operaio che emergeva dai loro racconti era qualcosa di diverso da quella appresa dai libri. Mi convinsi che queste loro “narrazioni orali per la storia” potevano rappresentare un imprescindibile arricchimento alla storia del movimento operaio, soprattutto se si voleva fare emergere la cultura dei militanti, dirigenti o di base, che di quella storia erano stati tra i principali protagonisti.

Queste ricerche mi fecero prendere coscienza del fatto che i libri con narrazioni storiche, a parte quelli memorialistici, sembravano non avere come protagonisti uomini in carne ed ossa. Anzi gli uomini reali sembravano dissolti come in un bagno d’acido solforico.

Mi colpiva anche come i militanti conosciuti nella sezione del partito comunista cui allora appartenevo, apparissero profondamente diversi dagli stessi militanti quando li contattavo per registrarne le storie di vita o i racconti di lotta del loro passato.

Mi sembrava insomma che la vita di sezione, piuttosto che farmi conoscere la classe operaia, fosse un filtro che mi impediva quella conoscenza.

Peraltro credo di essere stato uno dei pochi a registrare e poi riflettere sulle riunioni della mia sezione, così come avrei poi fatto con quelle del circolo sessantottino Rosa Luxemburg nel quale avrei militato. Credo ora che quei documenti orali, così come le manifestazioni di piazza che ho fissate su nastro, siano molto importanti per la comprensione degli anni sessanta.

Avevo intanto conosciuto Gianni Bosio, direttore delle Edizioni Avanti!, uno dei maggiori storici del movimento operaio che era con Leydi il principale protagonista della ricerca sui canti sociali. La sua rivista “Movimento operaio” era stata un tentativo di porre su basi solide, attraverso ricerche minuziose quella storia, ma era stata affossata perché “non in linea”3. Le Edizioni Avanti!, dove nel frattempo avevo cominciato a lavorare, erano la continuazione di quella storia, come emerge con chiarezza dal catalogo delle sue pubblicazioni. Ma Bosio era proteso oltre e sosteneva che bisognava trovare nuovi strumenti per approfondire quella storia, che bisognava guardare en avant. Così non gli sfuggì che le ricerche condotte con il registratore alla mano avrebbero potuto aprire dei nuovi importanti spazi alla storiografia contemporanea.

Scrisse l’Elogio del magnetofono, che sarebbe divenuto il punto di riferimento per una schiera di ricercatori non accademici, i cui punti fondamentali mi paiono poter essere così riassunti: «Il registratore è strumento di molti e diversi confronti, pegno di nuove possibilità anche nell’ambito delle tradizionali discipline culturali.

Accumula in maniera netta enormi quantità di materiale (realtà) e le fissa in modo permanente così come appaiono nel momento della fissazione. […] l’avvio degli studi sulla cultura del mondo popolare e proletario segna col magnetofono una datazione nuova. Il magnetofono documenta la presenza costante della cultura oppositiva la quale proviene non soltanto dalla obbiettiva presenza storica delle classi popolari e della classe operaia, ma anche dalle forme di consapevolezza. […] il magnetofono restituisce alla cultura affidata ai mezzi di comunicazione orale lo strumento per emergere, per prendere coscienza e quindi appunto per disgrovigliare tutte le forme che si possono contrapporre, ma non appaiare, alle forme disciplinari e ai generi della cultura dominante. […] La possibilità di fissare col magnetofono modi di essere, porsi e comunicare […] ridona alla cultura delle classi oppresse la possibilità di preservare i modi della propria consapevolezza, cioè della propria cultura. […] L’arco delle ricerche del Nuovo Canzoniere Italiano è oggi globale, fissa delle realtà antiche e nascenti in molti luoghi e in diverse situazioni dell’Italia. Il rapporto tra fonti orali e fonti scritte come momento di organizzazione di un frizione disciplinare si allarga al rapporto tra etnologia e storia. […] Se le tradizionali divisioni disciplinari rappresentano una strumentazione per il rafforzamento del potere, la loro negazione obbedisce alla necessità che tutte le discipline si uniscano nella lotta per il socialismo. Il contrasto tra campo dell’etnologia e campo della storia e, all’interno della storia, tra storia vera, cioè grande e trapassata, e non storia, cioè piccola e presente, è una speciosa suddivisione derivata dall’accettazione della società divisa in classi» 4.

Per quel che mi riguarda, tutto quanto ho scritto di storia contemporanea ha tenuto ampiamente conto dell’allargamento che le narrazioni orali per la storia le apportavano.

Ricordo in particolare i lavori sugli anni posteriori la Grande guerra e l’avvento del fascismo a Novara5, sui partigiani garibaldini della Valsesia6, sui lavoratori volontari in Germania durante il Terzo Reich7 , su Antonio Gramsci8 e su Emilio Colombo (“Filopanti”) 9 .

Della grande massa di registrazioni conservate nell’Archivio Bermani a Orta San Giulio10 è parso, a Marcello Ingrao e a me, che potesse essere di qualche interesse selezionare le narrazioni dei militanti comunisti, socialisti, anarchici, repubblicani e squadristi degli anni 1920, che avevo registrato negli anni sessanta del Novecento e che sono qui trascritte come riferite dal parlato (solo nel caso dell’avvocato repubblicano Enrico Ottina si pubblicano gli appunti stesi durante la conversazione perché non volle essere registrato).

Da questi ritratti e racconti mi sembra emergere soprattutto un quadro vivace sul “Biennio rosso” e sul successivo affermarsi del fascismo e credo possa avere qualche utilità il riproporli, non fosse altro che per misurare la siderale distanza tra la politica e i militanti di allora e la politica e i militanti a noi contemporanei, cioè di oltre cento anni dopo.

Una rivisitazione non inutile, credo, anche per le riflessioni sulla débacle subita dalla sinistra italiana a partire della fine degli anni settanta in poi.

 

  1. Per una sommaria informazione rimando a Cesare Bermani, Due ricerche negli anni sessanta del Novecento nel Novarese e Vercellese in Ab imo corde. Studi in onore di Carlo Carena, a cura di Fiorella Mattioli Carcano. Borgomanero, Associazione Cusius, 2015, pp.314-321.
  2. Roberto Leydi, Canti sociali italiani. Volume primo. Canti giacobini, repubblicani, antirisorgimentali, di protesta postunitaria, contro la guerra e il servizio militare, Milano, Edizioni Avanti! 1963, pp. 52.
  1. Sulla vicenda di “Movimento operaio” si consulti Gilda Zazzara, La storia a sinistra. Ricerca e impegno politico dopo il fascismo, Bari, Editori Laterza, 2011.
  2. Gianni Bosio, Elogio del Magnetofono (Milano, ottobre 1966) in Idem, L’intellettuale rovesciato. Interventi e ricerche sulla emergenza d’interesse verso le forme di espressione e di organizzazione «spontanee» nel mondo popolare e proletario (gennaio 1963 – agosto 1971), a cura di Cesare Bermani, Milano, Istituto Ernesto de Martino/ Jaca Book, 1998, pp. 157-166.
  3. Tutti o nessuno. Lo sciopero agricolo dei cinquanta giorni e l’occupazione delle fabbriche nel Biennio Rosso a Novara (1919-1920), Milano, Shake edizioni, 2005, pp. 192 (il saggio sull’occupazione delle fabbriche era già stato pubblicato con il titolo Il settembre a Novara in “Il Ponte”, La Nuova Italia, Firenze, 31 ottobre 1970, da p.1377 a p. 1424); La battaglia di Novara 9-24 luglio 1922. L’ultima occasione di una riscossa antifascista II edizione riveduta e corretta, Roma, Deriveapprodi, febbraio 2010, pp. 350. La prima edizione era apparsa a Milano come Sapere edizioni, 1972, pp.346.
  4. Pagine di guerriglia. L’esperienza dei garibaldini della Valsesia, Borgosesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Vercelli «Cino Moscatelli», stampato presso la tip. Gallo di Vercelli, 4 vol. in 5 tomi, 2000-2005, pp. 552, XXXVII-304, 372, 108. La prima edizione si fermò al primo volume. Venne pubblicata a Milano dalla Sapere edizioni nel dicembre 1971. Era di 946 pagine e aveva una introduzione su «fonti orali, “piccola storia”, cultura “altra”: presupposti indispensabili di una storiografia proletaria». Gli altri volumi già pronti non videro allora la luce e tutta l’opera venne rivista, ampliata e corretta tra il 1988 e il 1993.
  5. Odyssee in Deutschland. Die alltägliehe Erfharung der italienischen. «Fremdarbeiter» im «Dritten Reich» in Cesare Bermani, Sergio Bologna, Brunello Mantelli, Proletarier der «Achse». Sozialgeschichte der italienischen Fremdarbeit in NS-Deustchland 1937-1943, Mit einem Vorwort von Karl Heinz Roth, Aus dem italienischem übersetz von Lutz Klinkhammer, Hamburg, Schriften der Hamburger Stiftüng für Sozialgeschichte del 20.Jahrhunderts, luglio 1997, pp. 37-252; I lavoratori italiani nel Terzo Reich. Per una migliore comprensione dei loro comportamenti di lotta. In AA.VV., L’Italia in guerra, 1940-1943, a cura di Bruna Micheletti e Pier Paolo Poggio. Atti del Convegno tenutosi a Brescia dal 27 al 30 settembre 1989. Brescia, «Annali della Fondazione Luigi Micheletti», n. 5, 1990-91. Brescia, aprile 1992, pp. 425-461; Al lavoro nella Germania di Hitler. Racconti e memorie dell’emigrazione italiana 1937-1945. Torino, Bollati Boringhieri, 1998, pp. XXI-322.
  6. Gramsci, gli intellettuali e la cultura proletaria, Milano, Colibrì, dicembre 2007, pp. XIV, 334. Con 2 CD acclusi.
  7. “Filopanti”.Anarchico, ferroviere, comunista, partigiano. Roma, Odradek, 2010, pp. 122.
  8. Si rimanda al sito: https://archiviobermani.it

 

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